La clemenza di Tito è un’opera di Mozart che, per certi versi, viene spesso reputata un “passo indietro”, dal punto di vista stilistico. Questa però è una scelta ben ponderata da Mozart stesso, consapevole dei gusti del pubblico dei teatri viennesi, ancora molto legato alla mitologica, che non sarebbe stato in grado di dare il giusto apprezzamento alle tematiche trattate da Mozart nelle sue precedenti opere, ovvero i sentimenti erotico-amorosi.
La clemenza di Tito: trama
Nel primo atto vediamo il nuovo imperatore, Tito Vespasiano, e la figlia del suo predecessore, Vitellia, che, pur essendo perdutamente innamorata di lui, decide di farlo uccidere. La donna interpella Sesto, invaghito di lei, e gli chiede di dimostrarle il suo amore uccidendo l’imperatore. Nel frattempo, Vitellia scopre che il matrimonio fra Tito e Beatrice è stato posposto e, provando sollievo, domanda al suo spasimante di non procedere nell’uccisione dell’imperatore. Sesto promette la mano di sua sorella Servilia all’amico Annio solo per scoprire, successivamente, che il piano dell’imperatore Tito è proprio quello di prendere in moglie Servilia. Annio, a questo punto, avvisa l’amata dell’enorme problema che, dal canto suo, si reca da Tito per ammettere, senza alcuna paura, quello che prova per Annio. Tito, tuttavia, non pianifica alcuna scenata e non si dimostra geloso, bensì prova piacere nell’onestà della giovane e decide di non ostacolare i suoi piani d’amore. Intanto Vitellia, che non conosce gli ultimi avvenimenti, prosegue nel suo piano d’imporre a Sesto l’uccisione dell’imperatore. Vitellia viene presto a sapere, però, che Tito la vuole come sposa. Il Campidoglio, nel frattempo, è preda di un incendio e Sesto deve fare i conti con sé stesso per via di ciò che ha commesso. Quando le acque si calmano, si scopre – nell’atto secondo – che Tito non è deceduto ma che Sesto ha colpito un altro individuo. Egli confessa ad Annio ciò che ha fatto ma questo lo incoraggia a non confessare ma di venire a patti con l’orrenda azione commessa rivelandosi sempre fedele all’imperatore. Tuttavia, ben presto si scopre ugualmente che Sesto è colpevole di quanto accaduto e viene portato davanti al Senato, dove viene arrestato.
Sesto ha paura di essere condannato a morte e anche Vitellia teme per sé, credendo che prima o poi qualcuno possa collegarla alla congiura. Il Senato, che giudica Sesto colpevole, lo condanna alle fiere. È necessaria, però, la firma dell’imperatore che, non sapendo bene che decisione prendere, opta di chiamare a sé Sesto in persona e, quando questo giunge, gli parla in modo gentile e cerca di capire che cosa l’abbia spinto ad agire in quel modo. Sesto, tuttavia, non risponde, perché se dicesse la verità dovrebbe coinvolgere anche Vitellia, ma non riesce a non mostrarsi totalmente angosciato. Nonostante il silenzio di Sesto, Tito non firma la condanna e si comporta rispettando il suo ideale principale, la clemenza. Servilia, nel frattempo, si reca da Vitellia e le chiede d’intercedere per conto di quello che è suo fratello e Vitellia, sconvolta da quanto è accaduto, decide di confessare la propria colpevolezza. Ella è ben consapevole del significato di quel gesto, dovrà dire addio al tono imperiale, ma è necessario farlo per cercare di salvare Sesto. Quando l’imperatore è sul punto di rivelare il destino di Sesto, Vitellia non gli dà tempo di parlare e ammette il proprio coinvolgimento nella vicenda. Tito, pur essendo turbato, si comporta ancora una volta in maniera clemente e perdona tutti. Il secondo atto, infatti, si chiude con la parola: “clemenza”.
L’opera è stata inscenata per la prima volta il 6 settembre 1791 a Praga.